Stoyanova, M.; "I cuoi 'bulgari' a Venezia" in, L’Europa Centro–Orientale e la Penisola italiana: quattro secoli di rapporti e influssi intercorsi tra Stati e civiltà (1300-1700), a cura di Cristian Luca e Gianluca Masi, Editura Istros, Braila-Venezia (2007) 309-322
Estratto dalla introduzione:
L’attributo “bulgaro” è molto diffuso, nei documenti veneziani (in particolare in quelli risalenti ai sec. XVII-XVIII), per designare un tipo di cuoio impiegato nella fabbricazione di fodere da destinare alle poltrone, di tende per “armeri alla pretina” e di involucri in cui custodire oggetti trasportabili. Come vedremo in seguito, a parte gli usi suddetti, è possibile che il cuoio avesse, a Venezia e in terraferma, un uso assai più vasto, ad esempio nella marineria e in alcune manifatture speciali, come quelle militare e medica, oppure per rivestire carrozze e custodire strumenti musicali.
Il cuoio cosiddetto bulgaro non è mai stato oggetto di specifiche indagini storiche o tecniche in Bulgaria o in altri paesi balcanici, in quanto tale denominazione non era inclusa nel vocabolario mercantile relativo alla pelle e al cuoio; non trova, infatti, specifica menzione nei documenti d’archivio, nei quali tuttavia tali merci registrano una tipologia molto ampia. Secondo alcuni documenti dell’epoca, nel period compreso fra i sec. XV e XVIII, nell’intera area dei Balcani si acquistavano pelli ricavate dai seguenti animali: montone, bue, bufalo, capra, agnello, castoro, lupo, orso, volpe, coniglio, gatto e sciacallo, oltre ai cosiddetti castroni, corami (crudi, salati o pelosi), boldrini, cordovani e marocchini.